di C. Dobner
Emergence, renouvellement et critique du XIXe s. à nos jours
Sous la direction de Danielle Delmaire, Marie-Hélène Robert et Olivier Rota
Parole et Silence, Paris 2016, pp. 246, 22€.
La Chiesa cattolica è missionaria e i missionari spendono la loro esistenza in tutte le parti del mondo annunciando il Vangelo. Fra la Chiesa e Israele, nel corso del secolo XIX, quali sono stati i rapporti? Quale il significato e la modalità di missione?
Il volume Emergence, renouvellement et critique du XIXe s. à nos jours (a cura di Danielle Delmaire, Marie-Hélène Robert et Olivier Rota
Parole et Silence, Paris 2016, pp. 246) inquieta e mette in discussione, facendo conoscere con un rigoroso metodo storico, servendosi di documenti e usando uno stile sobrio e distaccato, non solo il concetto o l’ideale di missione cattolica verso (o contro) gli ebrei ma anche tutte le vicende cronostoriche susseguitesi negli anni, senza saltare alcun passaggio logico. Il piano sociale, politico e religioso vi si trovano coinvolti ed innervati.
La tensione dialettica o conflittuale venuta a crearsi con la vocazione missionaria della Chiesa cattolica richiede un serio ripensamento, perché «resta uno dei punti maggiori di riflessione teologica cristiana, nel senso che coinvolge anche l’ecclesiologia, la cristologia e l’escatologia». La novità impressa dalla svolta del Vaticano II emerge sempre più nella riflessione teologica attuale. Il dialogo interreligioso è costantemente chiamato in causa, come pure il dialogo ebraico-cristiano perché Israele è “intrinseco” alla vita della Chiesa.
L’apertura a nuove posture è sempre delicata e richiede di considerare simultaneamente il deposito delle Sacre Scritture, la Tradizione ma anche la sensibilità odierna. Lo sguardo, sia degli studiosi (ebrei e cristiani) sia del lettore viene richiamato a posarsi sul «mistero d’Israele e sulle sue implicazioni apostoliche». Nella sua particolare accezione di termine tecnico per la rivelazione della realtà futura escatologica che porterà a compimento il disegno di Dio nella storia.
Viene giustamente chiamato in causa il contesto storico delle prime comunità cristiane e i legami con la sinagoga. Urge che biblisti e teologi riformulino la nostra concezione di comunità ebraico-cristiane in cui storia, teologia e relazioni ebraico cristiane si ritrovano intrecciate.
Dopo la prima metà del XIX secolo, patrocinata e appoggiata da alcuni ambienti e personalità cattolica, la missione ha subito dei mutamenti, oggi quale obbiettivo si propone? Quale la vocazione peculiare di Israele?
Due i poli della ricerca: l’approccio storico sugli eventi e sulla mentalità della missione cristiana diretta agli ebrei dagli inizi del secolo XIX fino al Vaticano II; l’approccio teologico ed esegetico che osserva la dinamica, inedita, dell’articolazione odierna fra missione e dialogo ebraico-cristiano.
Si trascorre quindi dal saggio di Danielle Delmaire, Convertir pour sauver les âmes: l’Église catholique et la conversion des Juifs au XIXe siècle, a quello di Marc Rastoin, Paul de Tarse et le judaïsme: entre colère et salut, che apre alla nuova dimensione percepita in atto fra biblisti e teologi sensibili e attenti che, muovendo da una teologia/ideologia della sostituzione, si aprono alla teologia della benedizione. Come gli interventi e i gesti simbolici dei Papi negli ultimi decenni hanno ampiamente dimostrato.
Studiosi di vaglia si susseguono illustrando le diverse sfaccettature che non impone alla missione un volto nuovo, pur sempre presente e sostanzialmente non diverso, ma esige un atteggiamento diverso: Daniel Moulinet, Olivier Rota, Anaël Lévy Éliezer Schilt, Yves Chevalier, François Lestang, Philippe Loiseau, Thierry Vernet, Marie-Hélène Robert. Tutti, in modalità diverse, impegnati sul fronte che richiede distacco critico ed insieme fraternità intellettuale per poter procedere, pur con passo diverso, alla stessa meta: «il punto più innovatore, in queste esplorazioni, è certamente tenere conto non solo delle Scritture ma anche della tradizione vivente e orale d’Israele, che lo costituisce come popolo, nella sua origine, nel sua odierna complessità e nella sua speranza fondata sulla promessa divina».
Una teologia della benedizione che riconosce in Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio, il Salvatore, Lo testimonia e Lo annuncia, ma ha posto fine all’organizzazione di una missione. Infatti, come afferma il recente documento “Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili”: «la Chiesa cattolica non conduce né incoraggia alcuna missione istituzionale rivolta specificamente agli ebrei… i cristiani sono chiamati a rendere testimonianza della loro fede in Gesù Cristo anche davanti agli ebrei; devono farlo però con umiltà e sensibilità, riconoscendo che gli ebrei sono portatori della Parola di Dio e tenendo presente la grande tragedia della Shoah».
26 giugno